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“Conurbarsi per non morire”, convegno a Polistena. Falcomatà: «La conurbazione di comuni non può essere lasciata alla sensibilità degli amministratori, ma serve un percorso che va normato»

Redazione

“Conurbarsi per non morire. La parola passi ai cittadini” è il titolo dell’incontro serale alla Corte di Palazzo Avati a Polistena, organizzato dall’associazione culturale “Girolamo Marafioti”. Un evento che ha registrato la presenza di tecnici, politici e cittadini, diretti interessati al tema e che si è concluso con l’intervento del sindaco metropolitano Giuseppe Falcomatà.

L’appuntamento è stato moderato da Piero Cullari, Presidente dell’Associazione Marafioti che ha chiarito come la conurbazione ossia «L’unione dei comuni possa dare delle risposte in termini di servizi e possa rappresentare per i territori la possibilità di crescere che non significa cancellare le tradizioni di una città». È toccato poi ad Aldo Polisena introdurre il tema: un iter lungo 54 anni per un’esperienza che ha consegnato un primo statuto del comitato dei sindaci della piana, fino ad arrivare all’idea attuale di unificare realtà che di fatto sono già conurbate: Cinquefrondi, Polistena, Melicucco e S.Giorgio Morgeto. Sulla reale volontà di conurbazione dei territori ha ampiamente relazionato Silvio Laruffa del Comitato territoriale “Conurbiamoci”, lanciando l’idea di un comitato unico dei territori e rappresentanti dei comuni che possano interfacciarsi coi rappresentanti politici per una cittadina di circa 25mila abitanti e, infine, ha nominato coordinatore del Comitato, un tecnico, Antonio Roselli. La parola poi agli interventi politici, ai consiglieri regionali Giovanni Muraca, Domenico Giannetta e Giuseppe Mattiani.

Il consigliere Giovanni Muraca ha ringraziato l’associazione Marafioti e la famiglia Laruffa «che ha sposato un’idea, un sogno e con tutte le forze cerca di portarlo avanti. Questa per me è la politica nobile – ha evidenziato – quella di un semplice cittadino che, pur non ricoprendo ruoli istituzionali o all’interno dei partiti, nell’interesse del proprio territorio, porta avanti un’idea che migliora la vita dei cittadini di quest’area. C’è un interesse economico, un’ottimizzazione nella gestione dei servizi, tutto porta alla conurbazione. Da parte mia – ha concluso il consigliere regionale – ci sarà il massimo impegno perché non è un’attività che ha un colore politico: il Partito Democratico, all’interno degli obiettivi degli enti locali, ha la fusione dei comuni, dunque non è una è partita politica, ma nell’interesse dei cittadini e mi sembra assurdo che non ci sia una convergenza su questo».

Nel suo intervento il sindaco metropolitano ha portato l’esempio di tentativi di conurbazione dei comuni reggini della Valle del Torbido che si è fermata alla gestione condivisa di alcuni servizi. Cosa che porta a interrogarsi sul perché sia così difficile la conurbazione. «Non banalizzerei con l’idea che sono i sindaci a non voler perdere una porzione di sua autorità e autorevolezza nel territorio – ha spiegato Falcomatà – non è giusto nei confronti di primi cittadini che amministrano territori e rappresentano l’intera comunità. Forse è più un problema di carattere culturale e di paura di perdita di identità piuttosto che di perdita di potere, connaturato alla storia del nostro Paese che nasce intorno ai Comuni e ai campanili. Non è un caso che in Italia ci siano 8.000 comuni: le comunità si costruiscono, nascono e si rafforzano intorno a un sentimento di identità. Ed è normale che quando si parla di fusione che poi porta alla perdita del nome, del simbolo, della storia si abbia paura. È la paura di svuotare il territorio, piccolo o grande che sia, della sua storia. Possiamo dare tutti i milioni che vogliamo ai comuni per incentivarli a fondersi, ma se continuiamo così significa che non abbiamo capito la storia del nostro Paese. Non è un caso che, negli ultimi 30 anni, i Comuni che si sono fusi in Italia sono stati duecento».

A fronte di queste riflessioni il sindaco metropolitano ha aggiunto: «Stiamo sbagliando qualcosa. Non si può prescindere dalla considerazione che i Comuni così come sono hanno bisogno di una riforma perché non stanno più in piedi. Abbiamo nella Città metropolitana ben 97 Comuni, e siamo la più piccola delle città metropolitane italiane, insieme a Torino e Bologna che ha il numero dei comuni più grandi, anche se pochissimi sopra i diecimila abitanti e tanti non riescono a far fronte alle esigenze minime dei cittadini».

Secondo il primo cittadino quindi «La fusione va normata, non facendo la suddivisione con la cartina geografica, andando a vedere le caratteristiche storiche, morfologiche, orografiche, naturali che possano accomunare un’area che non ha più senso che sia divisa in comuni piccoli. Non perché così è più forte politicamente, altrimenti non si scende dal “campanile” ma lo si rafforza, piuttosto perché così sarà possibile erogare meglio i servizi e migliorare la vita dei cittadini che è il compito di ogni sindaco e di ogni amministratore. Il percorso che dovremmo chiedere a livello regionale e nazionale è che i comuni sotto un certo numero di abitanti non possano più stare in piedi e che quindi entro un certo periodo arrivino a un percorso di fusione. Ma è un percorso che va normato perché se si lascia alla sensibilità di chi amministra in quel momento nei fatti non si farà. Ne è un esempio lampante la conurbazione dell’area dello Stretto».

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