Gli esponenti politici locali dei partiti di governo regionale ci hanno fatto chiaramente capire da quale parte stanno. Di fronte a una multinazionale prossima a prendere possesso dell’unico porto che insiste sul nostro territorio per costruirci sopra una enorme fabbrica di turbine per la lavorazione del gas, l’atteggiamento che hanno tenuto è stato da una parte di totale appiattimento sulle pretese dell’azienda, e dall’altra parte di assoluto disinteresse verso le preoccupazioni di quei cittadini che li hanno votati e gli hanno permesso di occupare quegli scranni.
Ne è venuta fuori un ridicola, grottesca, surreale passerella nella quale assessori e onorevoli nazionali e regionali hanno tessuto le lodi dei benefattori americani che vengono a portare un po’ di lavoro a noi poveri straccioni incapaci di badare a noi stessi e valorizzare le nostre vocazioni, il nostro tessuto produttivo, le nostre infrastrutture. Addirittura qualcuna ha osato dire che “in Calabria l’occupazione è al 16%”, dato sparato totalmente a caso, e che quindi la cosiddetta “emergenza-lavoro” ci dovrebbe costringere a non fare troppo gli schizzinosi.
A nessuno di lorsignori interessava minimamente il fatto che la Baker Hughes avesse mentito clamorosamente sulla necessità di impiantarsi direttamente sulle banchine (falsa, dal momento che l’azienda americana non è presente in nessun altro porto del mondo), che non abbia preso alcun impegno sui posti di lavoro che darà, che non pagherà alcuna somma a titolo di compensazione al territorio, anzi che avrà sconti fiscali clamorosi pagati da noi, e che poi il gas prodotto ci arriverà comunque a prezzo di mercato. Quando il rappresentante del comitato cittadino ha evidenziato tutta una serie di preoccupazioni e incompatibilità legate ai regolamenti urbanstici, i nostri “onorevoli” sembravano addirittura nervosi e infastiditi.
Insomma, anziché far pesare alla controparte l’importanza, la bellezza, la dignità del nostro territorio, lo hanno pubblicamente affossato e disprezzato, in una sorta di simbolica resa al cospetto del forte, ricco e potente colosso americano.
Credetemi, sono tornato a casa amareggiato e disgustato, ma allo stesso tempo fiero di non essere stato al loro posto, a mettermi sotto i piedi la logica, la razionalità e lo spirito critico per rispettare l’ordine di un presidente di Regione che ha già deciso di svenderci. Io non ero in quella prima fila ricca di autorità. Io ero in piedi, fra il mio popolo, fra la mia gente, a ragionare con la mia testa, anziché a fare l’inchino ai ricchi capitalisti per disciplina di partito.
Francesco Forciniti – Libero cittadino già deputato della Repubblica