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Sellia. Si è concluso il dibattito sul caporalato ed il lavoro nero

Redazione

“Contro il caporalato servono strumenti adeguati che permettano l’inserimento lavorativo dei giovani extracomunitari”. È stata questa la richiesta che il presidente di Confagricoltura Catanzaro Walter Placida ha rivolto al Prefetto Maria Luisa Latella presente, assieme a lui all’incontro dal titolo “Lavoro nero: Caporalato” che si è tenuto questa mattina presso la sala consiliare del Municipio di Sellia Marina.
Alla manifestazione hanno preso parte anche il primo cittadino selliese Francesco Mauro, il presidente di Confcommercio provinciale Pietro Falbo, il segretario territoriale Fai-Cisl Cz-Kr-Vv Daniele Gualtieri, il presidente della Cooperativa Sociale Albatros 1973 Vincenza Vicino e tutti i giovani extracomunitari del Cas di Sellia Marina, gestito appunto dall’Albatros: “sono loro le vere vittime di questo sistema” – ha testimoniato la Vicino. “Sellia Marina è un paese votato all’accoglienza e fortunatamente abbastanza “pulito” per quanto riguarda il fenomeno del caporalato e della criminalità in generale” ha detto Placida nel suo discorso.
“Quello che l’Albatros fa per questi ragazzi – ha proseguito – è importantissimo tuttavia credo sia necessario, e mi rivolgo a sua Eccellenza il Prefetto di Catanzaro, trovare degli strumenti adeguati che permettano l’occupazione di questi giovani; in molti casi i nostri contratti non prevedono delle modalità d’inserimento lavorativo che consenta loro formazione o la possibilità di guadagnarsi la cosiddetta giornata una tantum”.
“Nell’ultimo Contratto Provinciale di Lavoro è stato fatto uno sforzo in più rispetto al passato e si è venuto incontro ai suggerimenti venuti dalle confederazioni datoriali, che hanno chiesto un accesso al lavoro più snello e competitivo sotto l’aspetto economico” ha aggiunto la portavoce di Albatros.
“Il nuovo Cpl prevede anche la regolamentazione del lavoro extracomunitario, è vero, però bisogna tener conto del tessuto sociale in cui i cas s’inseriscono: a Sellia Marina, ad esempio, molti ragazzi di colore piuttosto che stare a non far niente, preferiscono andare ad aiutare gli anziani del paese a raccogliere le olive o le arance di tanto in tanto; naturalmente questa prestazione oggi come oggi non può essere contrattualizzata, non esistono gli strumenti per farlo, non può generare del lavoro emerso ma non può nemmeno chiamarsi caporalato. Ecco allora che servirebbe creare degli strumenti – ha concluso infine – che regolarizzino questo tipo di situazione e permettano agli ospiti dei centri di accoglienza, di darsi da fare per procurarsi denaro in maniera legale e a chi li contatta, anche solo per un giorno, di farlo legittimamente”.

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