Sono due milioni e mezzo gli italiani che soffrono di disturbi d’ansia. Secondo il rapporto Osmed dell’Aifa nel 2015 per gli ansiolitici sono stati spesi ben 381,6 milioni di euro.
Migliori prospettive per le cure si aprono dalla conoscenza delle origini di questi disturbi. Ad esempio, secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Psychiatry da Joseph LeDoux e Daniel Pine nel settembre 2016, paura e ansia dipendono da circuiti neuronali diversi: la teoria dei due sistemi consente un nuovo inquadramento dei sistemi neuronali implicati e apre a nuove prospettive terapeutiche.
L’argomento è al centro del congresso internazionale “Anxiety”, organizzato da Italian Psychoanalitic Dialogues (IPD) e Neuropsychoanalytic Association(NPSA), che si terrà a Roma il 10 e l’11 febbraio. Tra gli altri, vi prenderanno parte Joseph LeDoux, neuroscienziato di fama mondiale, docente del Center for Neural Science della New York University, Mark Solms, neuroscienziato e docente di Neuropsychoanalysis alla Cape Town University e Stefano Bolognini, psicoanalista e past President dell’International Psychoanalitical Association (IPA). Il Congresso si occuperà di come ansia, fobie, angoscia, paura, attacchi di panico possano emergere nell’interazione tra soggetto e ambiente, affrontando il trattamento delle varie forme di ansia e i diversi tipi di intervento, sia farmacologici che psicoterapeutici.
“La maggiore conoscenza delle origini dell’ansia e della paura all’interno delle funzioni corticali di pensiero, attenzione e memoria, consente il miglioramento dei trattamenti che potranno sempre di più adeguarsi alle caratteristiche della specifica disfunzione dei circuiti neuronali di un particolare individuo. Attraverso i biomarkers di brain imaging sarà possibile identificare sempre più precisamente il disturbo, evitando farmaci che creano ottundimento”, afferma LeDoux.
Secondo Stefano Bolognini “l’ansia, e poi l’angoscia che ne è l’ulteriore involuzione quantitativa, sono il risultato di una opposizione del soggetto a sentire e vivere i propri sentimenti; i quali ‘premono’ ai confini dell’Io, e generano il vissuto dell’ansia, che si configura come un stato di tensione spiacevole aspecifica”. (ANSA)