L’Alzheimer comincia nella prima infanzia e la progressione della malattia dipende, oltre che dalla genetica e dall’età, anche dall’esposizione alle polveri sottili. A confermare la relazione tra inquinamento e rischio di malattia è uno studio pubblicato sul Journal of Environmental Research, che mostra anche come l’inizio di questo processo sia da andare a rintracciare già molti decenni prima che i sintomi si manifestino.
I ricercatori dell’University of Montana hanno studiato 203 autopsie di persone residenti di Città del Messico, decedute a un’età compresa tra 11 mesi e 40 anni. La capitale del Messico, come noto, è una megalopoli che conta 24 milioni di abitanti esposti quotidianamente a concentrazioni di polveri sottili (PM2,5) e ozono superiori agli standard consentiti. Nei cervelli di questi giovani cittadini esposti all’inquinamento sono stati trovati livelli particolarmente alti di due proteine anomale, ovvero la tau -iperfosforilata e e la beta-amiloide. Inoltre presentavano un noto fattore di rischio genetico per l’Alzheimer, l’apolipoproteina E (APOE 4). Le minuscole particelle inquinanti che entrano nel cervello attraverso il naso, secondo i ricercatori, viaggiano in tutto il corpo attraverso il sistema circolatorio, fino ad andare a creare danni nel cervello. “I segni caratteristici dell’Alzheimer cominciano nell’infanzia negli ambienti inquinati e noi dobbiamo attuare misure preventive efficaci subito. È inutile agire decenni dopo”, spiega l’autrice principale, Lilian Calderón-Garcidueñas. (ANSA).
L’Alzheimer comincia nell’infanzia, legato anche all’inquinamento
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