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Sempre meno cesarei, per prima volta sotto il 25% dei parti

Redazione

Continuano a calare i parti cesarei in Italia, per la prima volta sotto il 25% del totale, ma alcune regioni restano abbondantemente sopra questa cifra, con ospedali in cui si arriva addirittura oltre il 90%. Lo afferma il rapporto sul Piano Nazionale Esiti pubblicato oggi da Agenas.

“La proporzione di parti cesarei primari continua a scendere progressivamente dal 29% del 2010 al 24,5% del 2016 – afferma il documento che ricorda come l’Oms fissi al 15% la quota ottimale -. Si stima che dal 2010 siano circa 58.500 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 13.500 nel 2016”. La situazione regionale vede diverse realtà del centro nord sotto il 20% (Piemonte, Lombardia, Trento e Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana), mentre al primo posto tra le regioni meno virtuose si conferma la Campania, con una media intorno al 45% ma con punte oltre il 90, con Molise, Abruzzo e Puglia molto sopra la media nazionale. Nonostante la popolarità crescente di cui gode la pratica tra le future mamme cresce solo leggermente la proporzione delle donne che fanno un parto naturale dopo il cesareo, poco sopra l’8%. “Per quanto riguarda, invece, i punti nascita – aggiunge il rapporto – anche se nel 2016 risultano ancora 97 strutture ospedaliere (21%) con volumi inferiori ai 500 parti annui, in esse si concentra meno del 6% dei parti totali”.

In Italia cure più appropriate per femore, infarto e ictus – Aumentano gli ospedali che in Italia operano le fratture del femore negli over 65 entro due giorni, uno degli indicatori più usati per l’appropriatezza, e anche sull’assistenza a pazienti con ictus e infarto ci sono segnali positivi, anche se rimangono grandi differenze regionali.

In generale, afferma il rapporto, quasi tutti i 166 indicatori presi in esame sono in miglioramento, anche se ancora con molte differenze regionali.”Migliora la tempestività di intervento chirurgico sulle fratture del collo del femore sopra i 65 anni di età – scrivono gli esperti -; se nel 2010 solo il 31% dei pazienti veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi è del 58%, con circa 112.000 i pazienti che dal 2010 hanno beneficiato dell’intervento tempestivo, di cui 32.000 nell’ultimo anno”.

Il quadro vede però una grande differenza tra regioni, con Abruzzo, Molise, Campania e Calabria con proporzioni sotto il 40%, mentre Val D’Aosta, Trento e Bolzano, Friuli venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana sono sopra il 70%. La mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio, si legge ancora nel rapporto, continua a diminuire, da 10,4% del 2010 a 8,6% del 2016, e in questo caso le variabilità regionali sono più contenute. Discorso analogo per quanto riguarda la mortalità a 30 giorni dopo un episodio di ictus ischemico, un dato in continuo calo negli ultimi anni. In questo caso Val D’Aosta, Lazio e Molise sono i peggiori, intorno al 25%, mentre la Lombardia spicca tra i migliori con un dato intorno al 15%.

In Italia troppe strutture fanno pochi interventi – In Italia ci sono ancora troppe strutture che fanno poche procedure come interventi chirurgici o parti, una condizione che aumenta i rischi per i pazienti. Diversi sono gli esempi di interventi con strutture con volumi di attività troppo bassi, a cominciare dal tumore del polmone. “Nel 2016, in Italia, 142 strutture ospedaliere eseguono più di 5 interventi chirurgici per tumore del polmone – si legge -. Tra queste, solo 50 strutture (35%) presentano un volume di attività superiore a 70 interventi annui, senza sostanziali variazioni rispetto al 2015”. Stesso discorso per il tumore al seno, che andrebbe operato in centri con almeno 150 interventi l’anno. Nel 2016, delle 424 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per il TM della mammella, 140 (33%) presentano volumi di attività in linea con lo standard, di contro al 27% dell’anno precedente. se si passa dalle strutture alle unità operative però si vede che tre su quattro ancora non rispettano gli standard. Anche per il tumore allo stomaco le cifre sono sempre basse, così come per altri tipi di interventi frequenti. “Nel 2016, 749 strutture ospedaliere eseguono interventi di protesi di ginocchio – si legge – tra queste, solo 243 strutture (32%) presentano un volume di attività maggiore di 100 interventi annui, coprendo il 76% delle artoplastiche totali”.

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