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Tumore e malnutrizione, la dieta è salva-vita

Redazione

Serve un esperto in nutrizione clinica sia negli ospedali, sia sui territori, per affrontare al meglio la questione del cibo, che per chi è stato operato da tumore allo stomaco (e anche prima dell’intervento) è fondamentale, al punto da compromettere cure e anni di vita. Lo prevedono già le linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali dei pazienti oncologici, approvate in Conferenza Stato Regioni e a chiederlo e’ l’Associazione Vivere senza stomaco, in un seminario di studi sulla nutrizione a Roma.

La malnutrizione in molti casi è una realtà, con 4 pazienti su 10 che sono troppo debilitati persino per completare le cure, come ad esempio la chemioterapia. “Vivere senza stomaco comporta vivere con danni metabolici decisamente molto importanti, malnutrizione, vitamina b12, ferro, folina carenti. Quando usciamo dalla chirurgia siamo abbastanza lasciati soli. Ci viene detto di frequente ‘Mangi poco e spesso’ ed è un’equazione che non è corretta”, spiega la Presidente dell’associazione Claudia Santangelo che ha subito la gastrectomia totale nel 2008.

“Abbiamo importanti sbalzi glicemici, anche non legati alla Dumping Syndrome, con oscillazioni glicemiche che vanno da 30 a 300”. “I problemi nutrizionali accompagnano i pazienti sin dalle prime fasi della malattia: il 40% ad esempio non termina i trattamenti farmacologici ed è costretto ad interrompere la chemioterapia perché troppo debilitato” aggiunge Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC, la Società Italiana di Nutrizione Clinica. “Il 20% dei pazienti affetti da neoplasia, non supera la malattia per le gravi conseguenze della malnutrizione e uno status nutrizionale inadeguato interferisce anche con l’efficacia delle cure. Ecco perché è necessario una valutazione specialistica da parte di un nutrizionista clinico sin dalla prima visita oncologica”. “Chiediamo – conclude Santangelo – che siano attive le reti oncologiche in tutte le regioni (e non solo in 5). E che ci sia una presa in carico del Paziente sin dalla diagnosi, anche da un nutrizionista, inserito nelle unità multidisciplinari”.

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