Non basta avere un buon livello d’istruzione e un lavoro per raggiungere l’indipendenza da un partner violento. Lo rivela il rapporto “Una via d’uscita dalla violenza”, che ActionAid lancia in vista della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne e che sarà presentato il 30 novembre al Parlamento Europeo a Bruxelles.
Il rapporto, realizzato nel quadro del progetto europeo WE GO! (Women Economic-independence & Growth Opportunity) cofinanziato dalla Ue, oltre a fornire una serie di raccomandazioni a istituzioni nazionali ed europee in favore dell’adozione di politiche volte a supportare l’empowerment economico delle donne che hanno subito violenza, contiene i risultati di un‘indagine condotta in collaborazione con alcuni centri antiviolenza (CAV) e finalizzata a definire il profilo delle donne che a questi si rivolgono.
Lo studio ha coinvolto 552 donne assistite dai CAV partecipanti al progetto in quattro Paesi europei: Bulgaria (1 centro), Grecia (6), Italia (3) e Spagna (2). Una delle più grandi lacune da colmare nell’analisi della violenza di genere è, infatti, la raccolta di dati di tipo socio-economico sulle donne, uno strumento che aiuterebbe non solo a comprendere meglio il fenomeno, ma soprattutto a capire quali azioni e politiche mettere in campo per rispondere ai bisogni delle donne che vogliono uscire da situazioni violente.
La raccolta dati ha riguardato vari aspetti. Tra questi età e livello d’istruzione, tipo di violenza subita e situazione economica. Il 32,5% delle donne che si rivolge ai CAV ha un’età compresa fra i 30 e i 39 anni, il 29,2% fra i 40 e i 49 anni, il 21,8% fra i 18 e i 29 anni e il 16,5 % ha 50 anni e oltre. La maggioranza delle donne ha un buon livello d’istruzione: il 38,8% ha infatti conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, mentre il 22,7% ha fatto studi universitari. Il 29,6% ha un livello d’istruzione che si ferma alla scuola primaria o secondaria di prima grado e solo il 9% ha un livello d’istruzione inferiore alla scuola primaria.
La violenza si svolge spesso tra le mura domestiche. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’autore è il marito/compagno (41,7%) o l’ex-marito/ex-compagno (48,7%). Il periodo delle violenza è lungo: il 23,7% ha subito violenza per un periodo incluso fra i 5 e i 10 anni e il 26,5% per più di 10 anni. Se l’autore della violenza è il partner o il marito, la violenza ha una durata maggiore: in questo caso il 27% delle donne la subisce per un periodo compreso tra 5 e 10 anni e il 32,7% per più di 10 anni.
Il rapporto rivela che l’indipendenza economica è un fattore decisivo. L’82,5% delle donne che si sono rivolte ai Centri Antiviolenza hanno un basso livello di indipendenza economica, contro il 17,5% che è economicamente indipendente. Il 40,9% delle donne che ha subito violenza lavora, mentre il 59,1% non ha un’occupazione. Il 73,7% ha figli a carico e solo il 13,3% vive in una casa propria, contro il 14,8% che ne condivide la proprietà con il marito/partner. Il 53% delle donne ha subito qualche forma di violenza economica: in particolare, il 22,6% dichiara di non avere accesso al reddito familiare, il 19,1% non può usare i suoi soldi liberamente, mentre il 17,6% afferma che le sue spese sono controllate dal partner. Il 16,9% non conosce nemmeno l’entità del reddito familiare, mentre il 10,8% non può lavorare o trovare un impiego.
“Come si evince dall’esperienza maturata direttamente dai CAV nel rispondere alle esigenze delle donne, fra i fattori che ostacolano l’uscita da situazioni di violenza domestica, c’è la mancanza di indipendenza economica delle donne che la subiscono – ha dichiarato Beatrice Costa, Responsabile Dipartimento Programmi di ActionAid Italia – E’ per questo necessario mettere in campo azioni che rafforzino l’empowerment economico delle donne. In tal senso, bisogna partire dall’assicurare rilevazioni di dati periodiche su tutte le forme di violenza di genere e dal finanziare con risorse adeguate i centri antiviolenza in modo che possano realizzare programmi efficaci – conclude Beatrice Costa – ActionAid chiede alle istituzioni di sostenere i centri antiviolenza nel garantire lavoro e reddito alle donne che dicono no alla violenza. Inoltre, è indispensabile riconoscere l’importanza delle case di secondo livello – oltre che delle case rifugio – per assicurare non solo soluzioni abitative di emergenza, ma anche di medio-lungo periodo, e permettere alle donne di avere tempo per costruire la loro indipendenza economica.”
Il progetto WE GO! ha rafforzato la risposta di sette centri antiviolenza nell’offrire alle donne una opportunità economica. Le donne che hanno subito violenza hanno bisogno di uscire dall’isolamento anche attraverso l’indipendenza economica. Lo dimostra anche una delle testimonianze raccolte da ActionAid in un centro antiviolenza: Milena ha sopportato la violenza di suo marito per un anno finché un giorno lui l’ha picchiata più forte e, soprattutto, davanti al loro bambino. In quel momento, Milena ha deciso di dire basta e ha chiamato i Carabinieri, che l’hanno portata in ospedale dove i medici le hanno dato una prognosi di 25 giorni. Milena ha deciso di denunciare il suo attuale ex-marito. E’ stata accolta in un centro antiviolenza, dove ha frequentato dei corsi ed è stata supportata nella ricerca di un lavoro; ha fatto un primo tirocinio che l’ha portata poi a lavorare in un B&B. “Ora le acque si sono calmate. Mi sento sicura di me, mi sento bene. So che lavoro, che ho dei soldi: so che posso dare un futuro a mio figlio” dice Milena.
Violenza sulle donne, ActionAid: istruzione e lavoro non bastano
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