Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (Col 3, 1-4).
La Resurrezione come Ricerca
Cercate le cose di lassù! L’imperativo di Paolo risuona come un invito pressante al nostro cuore pensante e a cui non possiamo non rispondere. Questo invito viene introdotto da Paolo ad una condizione: Se siete risorti!
Molte volte consideriamo la resurrezione come qualcosa di con nato al di là della morte.
Ma Paolo ci dice che la resurrezione è una condizione che travalica il tempo: una condizione che irrompe già nella nostra vita terrena mettendo in moto un dinamismo di ricerca. Lo confessa con intenso pathos nella Lettera ai Filippesi, quando sottolinea che la nostra cittadinanza è nei cieli ed è di là che attendiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo. Quel Signore che tras gurerà il nostro umile corpo conforme al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose (cf. Filippesi 3,20-21)
Risorgere signi ca innanzitutto ricercare! S’impongono a questo punto alcune domande: cosa cercare? In quale direzione cercare? Per Paolo non ci sono dubbi: se e poiché siamo risorti con Cristo, la direzione in cui cercare è quella che va dal basso all’alto: verso una cittadinanza che non è di questo mondo, ma che appartiene ai cieli. Chi realmente partecipa della risurrezione di Cristo, porta dentro di sé un frammento del cielo verso il quale, guidato dallo Spirito del Risorto, dovrebbe cercare senza sosta: come il nomade alla ricerca della sua patria. Dunque una prima veri ca: abbiamo nostalgia della nostra patria celeste? Siamo cioè alla ricerca della pienezza dell’umano?
Paolo ci suggerisce una ricerca ascensionale: ciò che è in basso, l’umano, deve “vincere” l’insieme delle forze che tendono a non farlo elevare.
La vera destinazione dell’umano per Paolo, la sua collocazione originaria, è il cielo.
Questa ricollocazione dell’umano, in una ricerca esistenziale e sapienziale delle ragioni del vivere e del morire, è ciò che il Nuovo Testamento, soprattutto nei testi proposti dalla liturgia nel periodo di Quaresima, indica con il termine greco metànoia (cf. Marco 1,12-15).
È un vero e proprio capovolgimento della “freccia conoscitiva” che porta a conoscere se stessi “puntando” alle cose di lassù, alla nostra vita risorta in Cristo.
Si conosce autenticamente solo se “lanciamo” il nostro pensiero “verso l’alto”, dove Cristo siede alla destra di Dio! E lanciamo il nostro pensiero verso l’alto poiché dall’alto e di nuovo i credenti nascono con il battesimo partecipando al mistero pasquale. È la folgorante e autentica verità che Gesù ha rivelato a Nicodemo, durante il loro intenso dialogo notturno: “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Giovanni 3,3). Nascere dall’alto è essere generati dallo Spirito che ci sospinge verso l’alto. Cioè verso la pienezza.
Morte e desiderio malato
Tutta la società occidentale, di cui noi siamo gli, è una società che costruisce sia l’identità personale che quella comunitaria a partire dalla logica del desiderio.
Ma non dobbiamo avere paura del desiderio. Anzi, dobbiamo sempre ricordarci che, con S. Agostino, è stato il cristianesimo a intuire che il desiderio è l’energia che muove la creatura sempre alla ricerca del Creatore.
Ma di quale desiderio parliamo?
Desiderare è una parola che è costruita sul pre sso de- indicante il discendere da qualcuno/qualcosa e, quindi, il tendere verso qualcuno/qualcosa, insieme al termine -siderare derivante dal latino sidera che sono gli astri del rmamento, il luogo delle cose ferme. Ma anche delle cose di cui sentiamo la mancanza.
È la ricerca di questo luogo delle cose ferme che è il motore di ogni desiderio.
Per noi cristiani è Gesù il luogo autentico e originario della stabilità “delle cose ferme”, è Gesù la via, e dunque la verità e la vita, che ci indica la strada.
Se non incontra Gesù, il desiderio lineare di ciascun essere umano rimane astratto, non riesce a “scaricarsi a terra”, nendo per subire una “deformazione”, in modo particolare quando l’uomo entra in relazione con gli altri esseri umani.
Occorre stare attenti però: la relazione con gli altri esseri umani, cambia la “geometria del desiderio”: da desiderio lineare, delle cose ferme, delle cose stabili ed eterne, diventa “desiderio triangolare”, “desiderio delle cose dell’altro”. Il rischio è che il desiderio delle cose dell’altro si ammali: narcisismo, autoreferenzialità, perdita della gioia per le piccole cose, uso delle cose in senso adulterato, sino al mordi e fuggi che caratterizza oggi le stesse relazioni umane. Quando ciò accade, l’altro diventa non solo modello da imitare nell’oggetto del suo desiderio, ma anche rivale da scon ggere nel raggiungimento di tale oggetto.
L’oggetto del “desiderio malato” assume l’identità di qualsiasi cosa l’altro desideri e muta inde nitamente con il mutare delle cose.
Ma in questo modo noi non facciamo altro che nascondere l’angoscia di morte che attanaglia l’anima di ciascun uomo sotto il cielo.
Tale angoscia di morte, che parte dalla percezione di una mancanza di stabilità della propria condizione, viene sublimata nella rivalità con l’altro.
Questo meccanismo “compensatorio”, messo in atto da ogni cultura umana, mostra però tutta la sua violenza quando prende possesso oltre che del cuore degli uomini, delle stesse istituzioni, delle relazioni economiche, culturali, politiche e persino religiose. Ciò infatti provoca un vero asservimento dell’uomo a tutte queste “forze deviate” che lo attirano verso il basso.
L’uomo diventa passivo, incapace di libertà, “carne da macello” di una mentalità che de niamo “ma osa”, un peso che precipita sempre più giù nella non conoscenza di sé, di Dio e del mondo che lo circonda.
La Resurrezione come puri cazione del desiderio
La Resurrezione di Cristo puri ca il desiderio malato dalla sua triangolarità intra-umana riportandolo alla sua vera triangolarità, quella umano-divina. E in questo modo esso apre “un’era” di umanità intra-divina e di divinità intra-umana. Attraverso la resurrezione, il desiderio diventa manifestazione dell’umano in una nuova luce: la luce della gloria di Cristo.
Ogni opera, ogni pensiero, ogni progetto umano, manifestandosi in questa nuova luce, mostra la sua appartenenza al mondo della Gioia, della pienezza della presenza e della compiutezza del Regno di Dio. L’altro è simbolo del Cristo, via per riaprire la vita al dinamismo della ricerca di pienezza.
Così ogni relazione diventa manifestazione di questa luce!
Lo indica con e cacia visiva e cromatica la pala di Tiziano Vecellio denominata “Il Risorto appare alla Madre”, dipinta in tarda età dal pittore ra gurante il Cristo Risorto con la Vergine in mistico colloquio. Questo mistico colloquio ci fa capire come opera la Resurrezione di Cristo: puri ca anche il desiderio di Maria di trattenere solo per sé suo glio Gesù. Maria è in posizione accogliente e custodente, mentre il Cristo glorioso protende a lei una sola mano, tendendo l’altra a ciò che con la resurrezione si è lasciato alle spalle: la morte in croce.
Anche l’umanità redenta e risorta (rappresentata da Abramo e Noè, da Adamo che mantiene la croce ed Eva) partecipa allo splendore della luce a cui assistono estasiati i cherubini e i sera ni.
Questo dipinto è un vero e proprio “trattato” ecclesiologico: in un mondo sempre più so erente e bisognoso di luce la chiesa è una Comunità di Risorti! Se e poiché siamo risorti con Cristo, soltanto se volgiamo lo sguardo verso l’alto siamo in condizione di testimoniare una vita da risorti che si puri ca dalle innumerevole forme di malattia del desiderio che non appagheranno mai il nostro insopprimibile desiderio del cielo.