Una nuova generazione di antibiotici potrebbe arrivare da molecole naturalmente presenti nell’organismo umano, come un enzima che aiuta a digerire. Queste sostanze sono infatti in grado di uccidere batteri come Salmonella ed Escherichia coli e potrebbero essere modificate per combattere i superbatteri resistenti ai farmaci. Lo ha scoperto la ricerca pubblicata sulla rivista ACS Synthetic Biology e coordinata da Alberto Di Donato ed Eugenio Notomista dell’università Federico II di Napoli e da Cesar de la Fuente-Nunez, del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Per l’Italia vi partecipano anche Istituto di Ricerca e Diagnostica Nucleare Irccs Sdn a Napoli e università Luigi Vanvitelli di Caserta.
“Una serie di antibiotici tradizionali è oramai inefficace perché i batteri hanno imparato a convivere con queste sostanze, di conseguenza l’obiettivo principale è tentare di sviluppare una nuova categoria di molecole dalle quali i batteri non sanno difendersi”, ha detto all’ANSA Di Donato. Nella ricerca di nuove armi contro i batteri, biologi e chimici si stanno concentrando su alcune sostanze prodotte dall’organismo umano e che aiutano il sistema immunitario a respingere le infezioni. Tuttavia queste sostanze non sono abbastanza potenti da agire da sole; l’idea quindi è individuare quelle che riescono a combattere i batteri per poi, ha rilevato de la Fuente-Nunez, “utilizzare la biologia sintetica per modificarle e renderle più potenti”.
A tal fine i ricercatori hanno messo a punto un software che permette di guardare la struttura delle proteine e vedere se abbiano gruppi chimici in grado di neutralizzare i batteri. Il software ha identificato circa 800 di queste proteine ed è stato visto che una di esse, presente nello stomaco, è in grado di uccidere almeno tre tipi di batteri, come la Salmonella, E. coli e la Pseudomonas aeruginosa, che può infettare i polmoni. Adesso le ricerche si concentreranno su questo enzima, che potrebbe diventare la base da cui ottenere nuovi antibiotici.
“Partiremo dai frammenti delle proteine che hanno attività battericida – ha spiegato il biochimico – e li cambieremo chimicamente per ottenere forme più efficaci contro i batteri”. E’ un procedimento, ha detto, che si fa comunemente con i farmaci: “anche dopo la scoperta della penicillina, per esempio, la chimica ha prodotto modelli di quella molecola un po’ diversi dall’originale”.