Riprodotta in laboratorio la barriera che protegge il cervello dalle sostanze dannose. E’ stata ottenuta assemblando componenti artificiali e biologiche e promette di essere la chiave per sperimentare terapie contro molte malattie cerebrali, come l’Alzheimer, la sclerosi multipla e alcune forme di tumore. Il risultato, che si è guadagnato la copertina della rivista Small, è stato ottenuto in Italia, a Pontedera (Pisa), dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) coordinati da Gianni Ciofani.
Realizzata nell’ambito di un progetto finanziato dall’European Research Council (Erc), la barriera ematoencefalica artificiale ha riprodotto in scala 1:1 una porzione di quella naturale ed è formata da un chip e da cellule endoteliali, le cellule che rivestono i vasi sanguigni. E’ costituita da una struttura che mima i capillari del cervello attraverso 50 tubicini con piccolissimi fori regolari, su cui sono state coltivate le cellule endoteliali in modo da riprodurre il comportamento della barriera naturale.
Il modello è formato da un chip e da cellule endoteliali, le cellule che rivestono i vasi sanguigni, ed è stato ottenuto nell’ambito di un progetto finanziato dal Consiglio Europeo per la Ricerca (Erc) partito a marzo 2017. “Lo scopo del progetto – ha detto all’ANSA Gianni Ciofani – è imparare ad aggirare la barriera emato-encefalica per arrivare in modo sicuro al cervello, veicolando farmaci attraverso nano-goccioline di grasso che stiamo realizzando insieme al dispositivo”.
Delle dimensioni di pochi millimetri, il dispositivo è formato da una struttura che imita i capillari cerebrali con 50 tubicini con piccoli fori regolari, su cui sono coltivate le cellule. “Questo dispositivo nanotech – ha spiegato Ciofani – rappresenta un importante passo avanti per la realizzazione di piattaforme che consentano lo screening di nanovettori per il sistema nervoso centrale”, ossia di minuscole navette cariche di farmaci in grado di attraversare la barriera fino a raggiungere il loro obiettivo nel cervello. “Per il momento – ha aggiunto – abbiamo sperimentato il suo corretto funzionamento solo con sostanze fluorescenti e abbiamo in programma di fare le prime prove su colture cellulari. Il prossimo passo, tra 3-4 anni – ha concluso Ciofani – sarà testare su topi i nanovettori che avremo selezionato grazie a questo dispositivo”.(Ansa)