E’ scomparso il segnale della sonda Cassini. Da questo momento è definitivamente interrotta ogni comunicazione con la sonda, ormai in balìa delle nubi e dei venti di Saturno, durante la sua discesa nell’atmosfera. Nel momento in cui Cassini aveva iniziato la sua discesa nell’atmosfera di Saturno i suoi propulsori sono passati dal 10% al 100% della potenza e la sonda si è disintegrata dopo meno di un minuto bruciando a contatto con l’atmosfera: 83 minuti dopo la Terra ha ricevuto il suo ultimo segnale.
Battiston, per Cassini l’Italia ha investito il 10% del totale
“L’Italia ha messo in Cassini il 10% del costo complessivo dell’investimento”, lo ha detto il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) Roberto Battiston”. “Un investimento che nel suo complesso ammonta a 5 miliardi di dollari dell’epoca, al cambio degli anni ’90”, aggiunge Enrico Flamini, responsabile scientifico dell’Asi, in collegamento insieme a Battiston dal JPl della Nasa a Pasadena, in California. Chiarendo la difficoltà di parlare di costi riferiti a circa 30 anni fa, Battiston ha sottolineato che è difficile fare una stima attuale degli investimenti. Flamini ha spiegato che “la Nasa ha investito 3,9-4 miliardi di dollari di allora. L’Asi, dal canto suo ha allora investito 250 miliardi di lire, pari al 10% del totale, mentre l’Agenzia spaziale europea aveva invece contribuito con 360 miliardi di lire, pari al 13%”.
L’Italia in prima fila nella missione
Un impegno di oltre 20 anni con la ricerca e l’industria
L’Italia in prima fila nella straordinaria avventura della sonda Cassini, con un impegno di oltre 20 anni da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), che ha promosso la missione insieme all’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e alla Nasa, di 11 istituti di ricerca e il forte coinvolgimento dell’industria. Italia e Stati Uniti hanno infatti sottoscritto un accordo che per tutta la durata della missione ha regolato i rapporti tra Nasa e Asi, stabilendo i rispettivi ruoli e impegni. L’accordo riguardava l’intera missione, lanciata il 15 ottobre 1997 con un ‘passeggero’ molto speciale: il lander Huygens destinato a scendere sulla superficie della più grande luna di Satuno, Titano, e promosso dall’Esa.
Per sette anni Cassini e Huygens hanno viaggiato insieme, per salutarsi il 14 gennaio 2005, con l’arrivo a Titano. Considerando l’intera missione Cassini-Huygens, l’Italia ha contribuito con le università di Roma Sapienza e Tor Vergata, accanto a quelle di Padova, l’Aquila, Napoli, Pavia, Bari e Lecce. Importante anche il ruolo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). L’industria italiana è stata coinvolta dall’Asi per la progettazione e realizzazione dell’antenna ad alto guadagno dal diametro di quattro metri (Hga/Lga), la sezione a radiofrequenza del radar (Rfes) di Cassini, che ha permesso di analizzare gli strati opachi dell’atmosfera e la superficie di Titano e degli altri satelliti di Saturno. Italiano anche lo strumento di radioscienza (Rfis), utilizzato per verificare alcuni aspetti della teoria della relatività di Einstein, misurare il campo gravitazionale di Saturno e studiare la struttura degli anelli.
I relativi contratti erano stati affidati all’allora Alenia Spazio, oggi Thales Alenia Space Italia (Thales – Leonardo). Ad aziende che oggi fanno capo a Leonardo erano stati affidati i contratti per la progettazione e la realizzazione del canale visibile dello spettrometro Vims-V (Visible and Infrared Mapping Spectrometer), che ha permesso di ottenere splendide immagini di Saturno, dei suoi anelli e delle sue lune, e di Hasi, installato a bordo del lander Huygens e che ha misurato le proprietà fisiche dell’atmosfera e della superficie di Titano. I dati raccolti da Huygens sono stati trasmessi all’orbiter Cassini per mezzo del sottosistema di comunicazione Pdrs (Probe Data Relay Subsystem), realizzato dalla Thales Alenia Space insieme al sistema Cdms per la gestione dei dati. Altri dati sono stati trasmessi da Huygens ai radiotelescopi sulla Terra, per un totale di 148 minuti di trasmissioni, 474 megabit e più di 350 immagini, che ancora oggi continuano a essere studiati. Sono italiani, infine, anche i sensori stellari per l’orientamento della sonda per tutta la vita della missione.
L’obiettivo era sfruttare la gravità del pianeta per avere la spinta necessaria per raggiungere Saturno. Nella notte fra il 30 giugno e il primo luglio 2004 l’incontro con Saturno e l’ingresso della sonda nell’orbita del pianeta. Da quel momento scoperte affascinanti, accompagnate da foto mozzafiato hanno cominciato ad arrivare a Terra con un ritmo incalzante. Le prime immagini arrivate dall’orbita di Saturno sono state quelle dei suoi anelli, presentate al centro di controllo della missione presso il Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa tra l’emozione generale. “Abbiamo notato strutture strane, mai viste prima”, aveva detto quasi commossa la responsabile dell’analisi delle immagini, Carolyn Porco, dell’Istituto di Tecnologia della California (Caltech).
Oltre ad essere bellissimi, gli anelli di Saturno sono preziosi per la ricerca perché sono considerati un modello in miniatura del disco originario di gas e polvere che circondava il Sole e dal quale 4,5 miliardi di anni fa è nato il Sistema Solare. Il 14 gennaio 2005 è stata la volta della storica discesa su Titano del lander Huygens dell’Esa: per la prima volta da un mondo così lontano arrivavano immagini solo apparentemente familiari, con montagne e fiumi di idrocarburi. Huygens ha inviato più di 350 immagini e numerosissimi dati da quella che era una frontiera sconosciuta del Sistema Solare.
Nasa, l’esplorazione dello spazio continua, ora avamposto
Younes, l’obiettivo è la presenza fissa dell’uomo nello spazio
La missione Cassini è stata un successo e ora che si è conclusa la Nasa è intenzionata a creare un avamposto umano nello spazio. Ad affermarlo Badry Younes del Deep Space Network della Nasa in occasione del Grand Finale della missione Cassini nella sede dell’Asi di Roma. “Questa è solo la fase finale della missione, Cassini ha collezionato una serie di dati che saranno importantissimi per rivelarci ancora di più sull’atmosfera del pianeta. Quindi non è finita. Ora ci sarà una fase molto lunga di analisi di tutti i dati raccolti finora”, dice Younes. “Il prossimo passo, continuare l’esplorazione del nostro sistema solare in particolare le lune di Giove, Europa, e Titano, luna di Saturno, per vedere se ci sono state o ci potrebbero essere le condizioni per l’esistenza di una qualche forma di vita. Sicuramente – continua – l’obiettivo della Nasa è avere la presenza dell’uomo fissa in qualche posto del sistema solare, e creare nei prossimi anni un avamposto per continuare l’esplorazione del sistema solare che è prioritaria, quindi continuare anche con l’esplorazione di Marte”. “Importantissimo – conclude – è il fattore collaborazione fra le agenzia spaziali nessuno può andare da nessuna parte da solo per quanto riguarda l’esplorazione spaziale. Esa Asi e Nasa collaborano da tanto tempo e questo ha reso possibile una missione così importante”.
L’addio della sonda Cassini è avvenuto a 20 anni dal suo lancio e a 13 anni dalle sue incredibili corse fra le lune e gli splendidi anelli di Saturno.
La manovra è stata seguita in diretta dalle tre agenzie spaziali e dall’Italia insieme da Asi ed Esa, nell’evento organizzato presso l’Asi, che prevede collegamenti con il centro di controllo della missione presso il Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa e con il Sardinia Radio Telescope (Srt) che sarà in ascolto degli ultimi segnali della sonda. L’ANSA ha trasmesso l’evento in diretta streaming con l’Asi sul canale Scienza e Tecnica.
Il tuffo di Cassini nell’atmosfera di Saturno, che porterà alla distruzione della sonda è l’ultimo della lunga serie cominciata nell’aprile 2017, quando Cassini ha cominciato una serie diacrobazie nel sistema degli anelli. La manovra finale è stata voluta e decisa proprio in virtù delle eccezionali scoperte fatte dalla missione, che ha inviato sulla Terra le immagini dei monti e dei fiumi di idrocarburi della più grande luna di Saturno, Titano, e i dati che indicano che i ghiacci di un’altra luna, Encelado, nascondono un oceano che potrebbe ospitare la vita. Distruggere la sonda significa, quindi, evitare che un’eventuale collisione possa distruggere l’ambiente di questi mondi, compromettendo future scoperte.
Dopo aver percorso 294 orbite in 13 anni intorno al pianeta degli anelli, la sonda si è tuffata alla velocità di circa 113.000 chilometri orari, circa 10 gradi a Nord dell’equatore di Saturno. Non è stato un addio ‘silenzioso’ perché anche nei primissimi istanti della discesa e fino all’ultimo momento ha continuato a inviare a Terra nuovi dati, da aggiungere a quelli raccolti negli ultimi mesi, tuffandosi tra un anello e l’altro, e che ancora per molto tempo terranno occupati ricercatori di tutto il mondo.